domenica 29 settembre 2013

l'Italia, non te ne libererai mai.

L'estero ha sempre avuto un effetto terapeutico nel curare il rapporto tra me ed il mio Paese. Un po' da terapia conflittuale dagli esiti incerti, per essere sincera. Ho lasciato l'Italia per la prima volta a 18 anni, accecata da quella esterofilia che poi si perde col tempo secondo la quale al di fuori dei confini di casa funziona tutto molto meglio e si è sempre molto più felici. A volte, molto spesso, ho visto le cose funzionare meglio che da noi. Non sempre, ma questo lo scopri poi, si è necessariamente più felici. E questa scoperta va a braccetto con quell'altra grande banale rivelazione, quella che ti svela che la felicità è spesso e volentieri dove stanno i tuoi affetti, gli amici di una vita, un pomeriggio coi tuoi fratelli, una birra bevuta in quel solito posto in una serata trascorsa a raccontare del tuo ultimo viaggio. Senza retorica è spesso così , niente più niente meno.

La lontananza da casa ti riappacifica con i paesaggi della tua infanzia, con tutto quello che non andava bene ma che forse non andava poi così male, con tutto quello che non sopporterai poi di nuovo una volta al tuo ritorno ma che ora non ricordi proprio perché ti infastidisse così tanto.
La lontananza da casa ti anestetizza anche dal sapore cattivo delle beghe della politica nazionale.
Qualche volta questo ti distacca emotivamente dalle vicende di palazzo italiane, finisci con lo scorrere sbrigativamente le notizie di politica interna sui quotidiani online, lo fai un po' perché va fatto (insomma, d'altronde studi politica, sai che figura se poi si scopre che non sei preparata sull'argomento).
Altre volte la lontananza non raffredda il tuo interesse ma forse ti dà una visione di insieme più completa, più pratica. Ti aiuta a fare una sintesi senza perderti in troppi dettagli, forse perché sei distante dai litigi, forse perché non ti capita spesso, lontana da casa, di trovarti attorno ad un tavolo a discuterne cercando di essere fedele alle tue posizioni di sempre. Probabilmente perché sei distante in tutti i sensi, e l'aereo che ti ha portata lontana ha macinato i chilometri ma anche i risentimenti, i discorsi triti e ritriti e tutti gli spiriti militanti di ogni forma e colore.

Il mio pensiero va spesso all'Italia ora che mi trovo in un paese con ancora più problemi e di più difficile soluzione rispetto ai nostri. E' più facile dimenticarsi dei problemi nostrani sotto la pioggia inglese, o nella Vienna dall'eleganza perfetta. E' più facile ricordarsene, con l'amaro in bocca, camminando per le strade di un paese meraviglioso che si sta buttando via e che lascia perplessi in molti circa le possibilità ed i tempi di ripresa. Facendomi largo tra la spazzatura per rientrare a casa, spesso mi arrabbio e mi chiedo perchè gli egiziani non abbiano un po' più cura della propria terra. Ma forse mi arrabbio perché spero di trovare in quella domanda e nella sua risposta qualcosa che mi aiuti a capire un po' meglio il mio di paese, e le ragioni per le quali si stia buttando via.

Leggere la notizia dell'invito alle dimissioni fatto da Berlusconi ai ministri del Pdl mi ha riempita di tristezza. Non mi ha nemmeno sfiorata un moto di giubilo, neanche l'ombra di un sorriso soddisfatto, non ho pensato “si sapeva che non c'era da fidarsi”, o “così imparano quegli elettori cretini”, o “ecco la prova di che pasta sono fatti”.
La notizia mi ha riempito di tristezza perché, che ci piacciano o meno quelli seduti in poltrona adesso, abbiamo un incredibile bisogno di un governo ora. Abbiamo bisogno di qualcuno che cambi la legge elettorale, che ridia credibilità al nostro paese attirando gli investimenti esteri, che crei posti di lavoro, che risolva i diecimila problemi che ci affliggono, quei problemi che bloccano la crescita e che rendono tutto immobile e stantio. Quei problemi per cui se qualcuno ha una bella idea nuova, creativa, gli conviene andarsene a darle forma altrove perchè da noi non c'è tempo, non c'è spazio, non c'è modo. Quegli stessi problemi per cui se mando decine di cv elemosinando uno stage (uno stage!) nessuno mi risponde. 
Quello di cui non abbiamo bisogno è invece l'ennesimo vuoto di potere, è spendere un sacco di soldi in nuove elezioni, è sprecare tutte le energie di un'intera classe politica dietro alle vicende giudiziarie di quell'Unico che fa il buono ed il cattivo tempo da vent'anni.

Non so perchè sto qui a parlarne. Avrei tante altre cose da sbrigare, stiamo scrivendo un progetto per costruire un centro di formazione in una zona disagiata del Cairo, ci servono fondi. Più terra a terra dovrei fare il bucato, che ho quasi finito le mutande. Ma oggi il cordone ombelicale tira forte, e sono arrabbiata. Anche l'altra sera il cordone tirava forte ma perchè ero da amici italiani a dormire, avevo una stanza tutta per me e la tivù coi canali RAI trasmetteva un servizio su Rino Gaetano. Mi sono addormentata col sottofondo di "Mio fratello è figlio unico" e mi sono sentita a casa, qualunque cosa questo voglia dire, ancora una volta; ho dormito bene.
Quante contraddizioni in un solo stivale.

Ps: odio indulgere nel sentimentalismo, ma questa volta temo di esserci cascata. Mi manca anche la mozzarella, comunque.







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