L'estero ha sempre avuto un effetto
terapeutico nel curare il rapporto tra me ed il mio Paese. Un po' da terapia conflittuale dagli esiti incerti, per essere sincera. Ho
lasciato l'Italia per la prima volta a 18 anni, accecata da quella
esterofilia che poi si perde col tempo secondo la quale al di fuori
dei confini di casa funziona tutto molto meglio e si è sempre molto
più felici. A volte, molto spesso, ho visto le cose funzionare
meglio che da noi. Non sempre, ma questo lo scopri poi, si è
necessariamente più felici. E questa scoperta va a braccetto con
quell'altra grande banale rivelazione, quella che ti svela che la
felicità è spesso e volentieri dove stanno i tuoi affetti, gli
amici di una vita, un pomeriggio coi tuoi fratelli, una birra bevuta
in quel solito posto in una serata trascorsa a raccontare del tuo
ultimo viaggio. Senza retorica è spesso così , niente più niente
meno.
La lontananza da casa ti riappacifica
con i paesaggi della tua infanzia, con tutto quello che non andava bene ma
che forse non andava poi così male, con tutto quello che non
sopporterai poi di nuovo una volta al tuo ritorno ma che ora non
ricordi proprio perché ti infastidisse così tanto.
La lontananza da casa ti anestetizza
anche dal sapore cattivo delle beghe della politica nazionale.
Qualche volta questo ti distacca
emotivamente dalle vicende di palazzo italiane, finisci con lo
scorrere sbrigativamente le notizie di politica interna sui
quotidiani online, lo fai un po' perché va fatto (insomma,
d'altronde studi politica, sai che figura se poi si scopre che non
sei preparata sull'argomento).
Altre volte la lontananza non
raffredda il tuo interesse ma forse ti dà una visione di
insieme più completa, più pratica. Ti aiuta a fare una sintesi senza perderti in
troppi dettagli, forse perché sei distante dai litigi, forse perché non ti capita spesso, lontana da casa, di trovarti attorno ad un
tavolo a discuterne cercando di essere fedele alle tue posizioni di
sempre. Probabilmente perché sei distante in tutti i sensi, e
l'aereo che ti ha portata lontana ha macinato i chilometri ma anche i
risentimenti, i discorsi triti e ritriti e tutti gli spiriti
militanti di ogni forma e colore.
Il mio pensiero va spesso all'Italia
ora che mi trovo in un paese con ancora più problemi e di più
difficile soluzione rispetto ai nostri. E' più facile dimenticarsi
dei problemi nostrani sotto la pioggia inglese, o nella Vienna dall'eleganza perfetta. E' più facile ricordarsene, con l'amaro in bocca,
camminando per le strade di un paese meraviglioso che si sta buttando
via e che lascia perplessi in molti circa le possibilità ed i tempi
di ripresa. Facendomi largo tra la spazzatura per rientrare a casa,
spesso mi arrabbio e mi chiedo perchè gli egiziani non abbiano un
po' più cura della propria terra. Ma forse mi arrabbio perché spero di trovare in quella domanda e nella sua risposta qualcosa che
mi aiuti a capire un po' meglio il mio di paese, e le ragioni per le
quali si stia buttando via.
Leggere la notizia dell'invito alle
dimissioni fatto da Berlusconi ai ministri del Pdl mi ha riempita di
tristezza. Non mi ha nemmeno sfiorata un moto di giubilo, neanche l'ombra di un sorriso soddisfatto, non ho pensato “si sapeva che
non c'era da fidarsi”, o “così imparano quegli elettori
cretini”, o “ecco la prova di che pasta sono fatti”.
La notizia mi ha riempito di tristezza
perché, che ci piacciano o meno quelli seduti in poltrona adesso,
abbiamo un incredibile bisogno di un governo ora. Abbiamo bisogno di
qualcuno che cambi la legge elettorale, che ridia credibilità al
nostro paese attirando gli investimenti esteri, che crei posti di
lavoro, che risolva i diecimila problemi che ci affliggono, quei
problemi che bloccano la crescita e che rendono tutto immobile e stantio. Quei
problemi per cui se qualcuno ha una bella idea nuova, creativa, gli
conviene andarsene a darle forma altrove perchè da noi non c'è
tempo, non c'è spazio, non c'è modo. Quegli stessi problemi per cui
se mando decine di cv elemosinando uno stage (uno stage!) nessuno mi
risponde.
Quello di cui non abbiamo bisogno è invece l'ennesimo
vuoto di potere, è spendere un sacco di soldi in nuove elezioni, è
sprecare tutte le energie di un'intera classe politica dietro alle
vicende giudiziarie di quell'Unico che fa il buono ed il cattivo tempo
da vent'anni.
Non so perchè sto qui a parlarne.
Avrei tante altre cose da sbrigare, stiamo scrivendo un progetto per
costruire un centro di formazione in una zona disagiata del Cairo, ci
servono fondi. Più terra a terra dovrei fare il bucato, che ho quasi finito le mutande. Ma oggi il cordone ombelicale tira forte, e sono
arrabbiata. Anche l'altra sera il cordone tirava forte ma perchè ero da amici italiani a dormire, avevo una stanza tutta per me e la tivù
coi canali RAI trasmetteva un servizio su Rino Gaetano. Mi sono
addormentata col sottofondo di "Mio fratello è figlio unico" e mi sono
sentita a casa, qualunque cosa questo voglia dire, ancora una volta; ho dormito bene.
Quante contraddizioni in un solo
stivale.
Ps: odio indulgere nel sentimentalismo,
ma questa volta temo di esserci cascata. Mi manca anche la
mozzarella, comunque.